Giovani cervelli in fuga? Ecco come ritornano (di Gregorio Massa)
Solo un piccolo esempio di eccellenza intellettuale "Made in Italy": sei talenti under quaranta, sei premi. Ilaria Iacobucci si è aggiudicata per la precisione il "Paola Campese Award for research in Leukemias". A Gaetano Santulli e Silvia Balbo, ex aequo, è andato il premio "Hogan Lovells Award in Medicine, Biosciences and Cognitive Science". E poi: Umberto Berardi è il vincitore del "Franco Strazzabosco Award for Engineers" e a Fabrizio Antici è stato assegnato lo "AnnaMaria Molteni Award in Mathematics and Physics". Andrea Isella, infine, ha meritato lo "Young Investigators Award in Environmental Sciences, Astrophysics and Chemistry".
Sono i sei ricercatori italiani che si sono fatti strada in università e centri di ricerca di Stati Uniti e Canada, premiati lo scorso ottobre all'ambasciata italiana a Washington da ISSNAF, la Fondazione degli scienziati italiani in Nord America, che riunisce 4mila uomini e donne del mondo della ricerca. Possiamo considerarli cervelli in fuga? "Nella scienza i confini non hanno futuro, e le reti di collaborazione, di cui ISSNAF è un esempio, sono infrastrutture immateriali che sempre più rappresentano un valore aggiunto", ha spiegato il presidente della Fondazione, Vito M. Campese. Che ha poi aggiunto: "Ci fa particolare piacere aver dato spazio a Human Technopole (il maxi-laboratorio per le scienze della vita e dell'alimentazione che dovrebbe sorgere negli spazi Expo a Milano, ndr), che ISSNAF considera un ottimo progetto: può rappresentare il primo di una serie di progetti che l'Italia mette in campo per attirare italiani che sono ora all'estero e permettere loro di riportare nel loro Paese la conoscenza che hanno sviluppato in tanti anni di lavoro, oltre che attrarre ricercatori stranieri".
Inutile negarlo, sono i numeri che lo certificano: a partire sono davvero in tanti. In generale, nel 2015 a espatriare sono stati 107.529 italiani, il 6,2% in più rispetto al 2014. Più di uno su tre, ovvero il 36,7%, ha tra i 18 e i 34 anni. Si sono uniti alla "grande metropoli", per così dire, di italiani nel mondo, che oggi conta oltre 4,8 milioni di abitanti (+ 3,7% rispetto al 2014).
L'analisi è della Fondazione Migrantes che ha presentato da poco il Rapporto "Italiani nel mondo 2016". Un quadro che conferma la vocazione italiana all'emigrazione, registrando un aumento delle partenze. Si tratta di flussi, ha osservato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel commentare i dati, che "talvolta rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze". E per quanto riguarda la mobilità dei giovani, Mattarella ha aggiunto: "Dobbiamo fare in modo che ci sia equilibrio e circolarità. I nostri giovani devono poter andare liberamente all'estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate". Il paradigma potrebbero essere quel mezzo milione di ragazzi di terza o quarta superiore che, dal 1947, hanno partecipato a programmi Intercultura/Afs. Dall'Italia 60mila – fra loro, per citarne alcuni, l'astronauta Samantha Cristoforetti, i top manager Diego Piacentini e Franco Bernabè – , solo quest'anno 2.500. In effetti, già oggi anche gli under 40 a volte ritornano. E a rientrare potrebbero essere molti di più. Ritornano dopo aver appreso, condiviso, imparato all'estero. Tanti "cervelli" italiani – non solo ricercatori e scienziati, ma anche imprenditori, professionisti, intellettuali – riescono così ad arricchire enormemente con il bagaglio acquisito nel corso della vita il Paese in cui sono nati. Anche perché alcune istituzioni hanno iniziato a mettere in campo progetti specifici per arrestare l'emorragia del sapere. Offrendo a ricercatori e docenti un futuro anche nelle università italiane. Sono ad esempio operative le misure per attrarre in Italia i vincitori dei bandi dell'European Research Council (ERC) e incentivare la partecipazione di ricercatori italiani a queste competizioni. "Nel Programma Nazionale per la Ricerca presentato a maggio così come nella Legge di stabilità per il 2017 – ha spiegato il Miur, per voce dello stesso ministro Stefania Giannini – abbiamo posto attenzione al tema del capitale umano, dimostrando concretamente di voler puntare su merito ed eccellenza. La ricerca la fanno le persone e rafforzare il nostro sistema significa innanzitutto investire maggiori risorse per avere più ricercatori. Le misure per l'attrazione dei vincitori dei grant europei vanno in questa direzione in modo innovativo, rispondendo alla necessità di rendere il nostro Paese più competitivo e più attrattivo a livello internazionale", dichiara il Ministro dell'Istruzione.
A disposizione dei vincitori dei grant ERC ci saranno fino a 600.000 euro per realizzare progetti complementari a quelli presentati in ambito europeo. A condizione che scelgano l'Italia come sede per lo svolgimento della loro ricerca e, in particolare, un ente di ricerca o un ateneo pubblici.
Il Consiglio di amministrazione dell'Università di Padova, invece, ha approvato da poco l'assunzione diretta di 21 docenti italiani trasferitisi all'estero dopo il completamento del loro percorso di studi. Da una parte 11 professori provenienti da istituzioni straniere (quattro dalla Germania, due dalla Francia, cinque da Belgio, Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Bulgaria), dall'altra 10 vincitori di finanziamenti del Consiglio europeo della ricerca, finanziamenti aperti a ricercatori di eccellenza di qualsiasi età e nazionalità che intendono fare ricerca nell'Unione, impegnati in università estere: due ingegneri dall'Olanda, uno storico dall'Irlanda, una neuroscienziata dalla Germania, un farmacologo dalla Svizzera, un fisico dalla Turchia, un fisico post doc in Australia, un'antropologa dal Pakistan. Si è deciso di puntare tutto sulla meritocrazia. Ed è una strada obbligata, visto che, a detta del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Raffaele Cantone, una delle ragioni che spinge molti giovani altamente qualificati a migrare è "la corruzione regnante in tanti atenei".
Per essere competitivi, ha dichiarato Cantone, "dobbiamo creare le condizioni vere affinché tutti possano partecipare ad una competizione ideale. E qui – ha aggiunto – rientra il tema del merito nel quale si provi a verificare e valutare quello che è stato fatto, e non la logica dell'appartenenza, non solo familistica, ma anche alle cordate, gruppi di potere che spesso troviamo nel nostro Paese".
Il programma "Rientro dei Cervelli", introdotto per la prima volta in Italia con le leggi 269/2003 e 238/2010, si è rivelato in ogni caso uno strumento efficace e capace di attrarre capitale umano qualificato. Ogni anno l'Italia esporta circa 30.000 ricercatori, importandone 3.000. Estendere l'ambito di applicabilità del progetto e semplificare ulteriormente la fiscalità dei cervelli in rientro potenzierebbe ulteriormente il controesodo virtuoso. Il programma nelle sue prime versioni prevedeva incentivi per quei lavoratori specializzati e ricercatori universitari e docenti italiani (ma anche stranieri qualificati) che dopo aver operato all'estero avessero deciso di tornare (o venire) in Italia stabilendovi la propria residenza anagrafica. Il decreto legislativo 147/2015 ha prorogato fino a tutto il 2017 il limite temporale della disciplina, garantendo a chi ne usufruisce una deduzione fiscale del 30% della base imponibile per 5 anni. Per usufruirne è necessario rispettare alcuni paletti: aver prestato servizio all'estero per almeno 5 anni e restare in Italia per almeno 2 anni. Per almeno 183 giorni all'anno, poi, l'attività lavorativa deve essere svolta in Italia, mentre chi svolge funzioni direttive deve possedere requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. Le agevolazioni sono anche estese ai cittadini UE laureati che abbiano svolto attività fuori dall'Italia per almeno 24 mesi e agli studenti che abbiano studiato all'estero per il medesimo periodo.