La localizzazione degli espatriati: le sfide in uno scenario di transizione (di Stefano Pacifico)

Se è vero che l'approccio delle multinazionali nei confronti degli espatriati è mutato nel corso degli anni, è altrettanto vero che la stessa esperienza degli espatriati in Cina si presenta meno appetibile a causa di un costo della vita crescente.
Tuttavia, la necessità e la richiesta di competenze specialistiche continua a essere alta e ci sono sempre nuove aziende che si confrontano con il mercato cinese cogliendo nuove e diverse opportunità: questo crea comunque una domanda per profili expat tanto che, in base ai risultati dell'indagine espatriati ECA Italia 2015, per le aziende italiane, la Cina rimane il secondo Paese per destinazione del personale espatriato, dopo gli USA ed insieme a Brasile ed Emirati Arabi Uniti.
 
La stessa indagine rileva che le principali motivazioni dell'espatrio sono sempre quelle tradizionali (riportate nel grafico qui sotto) anche se si registra una maggiore tendenza allo sviluppo carriera proprio in una logica di maggiore connessione tra Talent Management e Global Mobility.
 
 
La mobilità internazionale in Cina si colloca all'interno di una tendenza più generale delle aziende che cercano un approccio flessibile alla definizione delle modalità organizzative (shortterm, "local foreigners", "virtual teams") e del trattamento economico complessivo. La specificità del mercato cinese tende peraltro a privilegiare soluzioni di assegnazione di medio-lungo periodo (2/3 anni) piuttosto che assegnazioni di breve periodo (short-assignment di 3/6 mesi anche ripetuti).
La prassi che si sta sviluppando in questi anni evidenzia un prolungamento delle assegnazioni per periodi più lunghi (3/5 anni) e un cambiamento quindi anche dei modelli contrattuali e delle politiche retributive per tali gruppi: si sta creando una popolazione di cosiddetti "local foreigners", cioè di lavoratori stranieri che hanno deciso di risiedere in Cina per periodi consistenti da subito oppure – soluzione più frequente – successivamente ad un primo periodo di assegnazione distaccati dal Paese di origine.
La localizzazione comporta di norma l'interruzione del rapporto di lavoro con la società di origine e la definizione di un contratto di lavoro esclusivo con la società cinese presso la quale tali lavoratori operano. La localizzazione determina una nuova definizione del trattamento economico del lavoratore che prevede il venire progressivamente meno delle indennità connesse con l'espatrio e dei principali benefit. Il contenimento dei costi deve però garantire all'espatriato il mantenimento di un tenore di vita adeguato e intervenire su nuovi aspetti che potranno assumere maggiore rilevanza nel nuovo contesto. Le indennità di espatrio verranno parzialmente assorbite nella retribuzione, in quanto si presume che i fattori di disagio e di differenziale del costo della vita saranno in generale compensati rispettivamente da una prolungata permanenza e da una sviluppata "ability spending", che ha portato i lavoratori ad adeguarsi ad un diverso modello di consumi. La sfida, quindi, per le aziende, consiste nel gestire i benefit tipici dell'espatrio nella proposta di localizzazione: alloggio, scuola per i figli, assicurazioni. Per tali benefit le aziende spesso adottano una riduzione progressiva ("phase out") sino al completo annullamento nell'arco di un paio di anni.
Inoltre una nuova popolazione di espatriati si sta affermando ed è rappresentata dai cosiddetti – SIE: "Self Initiated Expatriates" si tratta di persone che hanno deciso autonomamente di trasferirsi in Cina per studio o lavoro, per cui si pongono sul mercato del lavoro come locali anche se dovrebbero avere o acquisire un insieme di competenze interculturali ricercate dalle aziende. Questa popolazione non ha di norma particolari indennità né benefits e quindi consente di bilanciare il contenimento dei costi con il beneficio delle sopraccitate competenze.
 
 
Da ultimo, i temi sui quali i "local foreigners" e le aziende si stanno interrogando riguardano la contribuzione a forme pensionistiche, alternative a quelle obbligatorie, e la fornitura di assicurazioni mediche che consentano un'adeguata copertura sanitaria al lavoratore e al suo nucleo familiare nel Paese di residenza.
Inoltre ricordiamo che Italia e Cina non hanno sottoscritto un accordo di sicurezza sociale e i lavoratori italiani, anche se localizzati, dovranno continuare a contribuire al sistema di previdenza obbligatorio italiano, instaurandosi così di fatto una doppia contribuzione. La continuità della contribuzione obbligatoria italiana, che deve essere garantita dalle aziende cinesi ai sensi della L. 398/87, in particolare se controllate da aziende italiane, rappresenta sicuramente una leva importante nelle decisioni di trasferimento di lungo periodo. L'applicazione della contribuzione italiana avviene mediante la nomina di un rappresentante previdenziale italiano da parte della società cinese che quindi fornisce ai propri "local foreigners" italiani un benefit aggiuntivo che li garantirà almeno fino alla sottoscrizione di un apposito accordo di sicurezza sociale tra Italia e Cina.