Il secolo dell'Africa. L'Italia giochi le sue carte - di Marco Girardo Caporedattore della Redazione Economia del quotidiano Avvenire e coordinatore di redazione IMJ 

La strada è ancora lunga, ma il viaggio è cominciato. Durerà cent'anni: per gli analisti del Fondo monetario internazionale, infatti, quello attualmente in corso passerà alla storia come il secolo dell'Africa. Una previsione che trova conferme non solo nella crescita economica registrata dal Continente negli ultimi anni, ma anche nell'interesse crescente di colossi quali Cina, Giappone e Russia per l'immenso e "ricco" – soprattutto di materie prime, oltre che di giovinezza – mondo africano. Nonostante i danni causati dall'epidemia di ebola, l'aumento del livello d'allerta per le minacce islamiche e la caduta senza fine del prezzo del petrolio, nel passato biennio complessivamente l'Africa ha vissuto in uno stato di salute incoraggiante.
E secondo i calcoli delle principali istituzioni finanziarie, quest'area del mondo (più vasta di Cina, Usa e India messe insieme) fa e farà meglio di quasi tutte le altre, rafforzando la sua immagine di terra delle opportunità.
IPil dovrebbe continuare a lievitare fino a raggiungere un +5% nel 2016. Certo, finora la crescita ha beneficiato dei prezzi delle materie prime e della salita della domanda interna, sostenuta dalla ripresa dei consumi e degli investimenti
stanziati per la costruzione di infrastrutture. Per fare un esempio: il re del Marocco, Mohammed VI, ha appena inaugurato nel cuore del Sahara una delle più grandicentrali solari al mondo (Noor 1), prima tappa di un vasto progetto
destinato a potenziare la produzione di energia rinnovabile in Marocco e nell'intero Continente.
Ma il vero asso nella manica per l'Africa, da qui in avanti, sarà quello relativo all'entità numerica della popolazione. La variabile demografica, cioè. Mentre alcune grandi potenze globali già da anni sono avviate a un graduale declino, l'Africa registra un vero e proprio boom. Nel 2010 nel Continente Nero vivevano circa un miliardo di persone. Le proiezioni delle Nazioni Unite di medio termine prevedono che la popolazione aumenterà rispetto all'attuale miliardo fino a raggiungere 1,6 miliardi nel 2030. Tanti, ma anche giovani, visto che oggi il 43% degli africani ha meno di 14 anni. La vera sfida, dunque, sarà quella di creare un'occupazione euna manodopera sempre più produttive e funzionali ai bisogni dei vari territori. Il numero stimato di giovani che entreranno sul mercato del lavoro quest'anno è di 19 milioni nell'Africa subsahariana e di 4 milioni nel Nordafrica. Altro dato positivo, è l'aumento della produzione agricola in molte regioni, grazie a condizioni climatiche generalmente più favorevoli rispetto al passato recente. Attenzione, non sono tutte rose e fiori: non sempre, infatti, un Pil che galoppa è sintomo di benessere, anzi. L'Africa si conferma un Continente in cui una fetta importante della popolazione vive sotto la soglia di povertà, ovvero con meno di 1,25 dollari al giorno. Anche se va detto che tale percentuale era vicina al 60% alla fine del secolo scorso, mentre oggi è scesa di 15 punti percentuali. Alle grandi opportunità si aggiungono però enormi rischi. Il rallentamento della Cina e di altri Paesi emergenti rappresenta un serio pericolo, perché se è vero che l'Europa rimane il primo partner commerciale dell'Africa, il legame con l'Asia è progressivamente cresciuto (ben del 22% solo tra il 2012 e il 2013). Un'altra minaccia da non sottovalutare è il preoccupante ritorno dell'instabilità politica in molte zone. Dopo una fase positiva in cui molti conflitti sono stati risolti (dall'Angola alla Sierra Leone), negli ultimi anni la tensione è di nuovo in ascesa. Basti pensare al terrorismo di Boko Haram in Nigeria e di al-Shabaab in Somalia e in Kenya. In Nigeria, in particolare, è dagli anni sessanta che l'Italia è presente con Eni e Trevi.
 
Ed è proprio da questo Paese che ha preso il via recentemente la seconda missione africana del Premier italiano Matteo Renzi. Il protagonismo delle imprese italiane che è stato anche oggetto del colloquio tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Nigeria Muhammadu Buhari. «Oltre alle attività delle multinazionali italiane – ha spiegato Renzi – una priorità condivisa con il Presidente Buhari sono l'agricoltura e le piccole e medie imprese, che per l'Italia sono un asset molto importante». La produzione di idrocarburi in quota Eni in Nigeria (dove la società è presente dal 1962) è ammontata lo scorso anno a centotrentasette mila barili di olio equivalente al giorno. In Ghana (tappa successiva del viaggio del Premier italiano) invece la società petrolifera ha condotto attività negli anni 60-70, per poi rientrare nel 2009 con attività offshore in acque profonde ed attualmente l'attività principale di Eni Ghana riguarda lo sviluppointegrato di olio e gas con un progetto che consentirà anche la fornitura di gas locale per alimentare le centrali termiche del Ghana per 18 anni. Sempre in Nigeria, invece, anche Trevi vanta una consolidata tradizione e una organizzazione stabile. Ragion per cui la missione italiana ha rappresentato un'occasione per valutare le opportunità offerte da un momento di crescita e fermento che caratterizza l'intera area subsahariana e che fa sì che vi sia la necessità di costruire infrastrutture di ogni genere. Il Presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, infine, ha ribadito al Ministro dello Sviluppo Federica Guidi, accompagnata lo scorso mese a Il Cario da sessanta imprese, che per le aziende italiane ci sono "opportunità" non solo in settori tradizionali come quello dell'energia, ma anche in altri come le infrastrutture e la logistica.