Espatriati: quale modello di gestione - di A. Benigni, Amministratore Delegato Eca Italia
Espatriato: è quel dipendente cui la propria azienda chiede di investire un rilevante periodo all'estero, di norma non inferiore ad un anno, presso una delle proprie consociate operative a livello internazionale. Fino a qui ci siamo. La "nostra" è pertanto un'azienda internazionale che - dovendo presidiare mercati che non possono più coincidere solo e soltanto con l'Italia – ha optato per un articolato piano di internazionalizzazione che prevede stabilimenti esteri piuttosto che trading companies destinate a sviluppare la presenza commerciale dell'azienda su quel dato paese. Ed anche qui ci siamo.
A questo punto dobbiamo gestire il nostro stabilimento, la nostra trading company, il nostro business internazionale: ed è qui che poniamo la domanda. Chi se ne occuperà? Attiviamo una ricerca attraverso una società di selezione ubicata nel Paese dove abbiamo orientato il nostro investimento e ci affidiamo, fin da subito, a del management locale? O, almeno in una prima fase, decliniamo verso il management di casa madre che verrà, temporaneamente assegnato
all'estero? Stiamo parlando di una situazione oggettivamente quotidiana in una sempre più larga fetta di aziende italiane che hanno individuato, nell'internazionalizzazione, uno dei loro fattori critici di successo. Ed è qui che il nostro espatriato entra in campo.
È frequente infatti che l'azienda opti per la soluzione di distaccare una o più risorse a gestire prima la start up e poi il regime della propria consociata estera, coniugando sviluppo della risorsa con fabbisogni del nuovo "site" internazionale sul quale è stato fatto un importante investimento.
Ora bisognerà gestire l'espatriato: quanto pagare il proprio candidato all'espatrio ed attraverso quale modello gestirlo sono peraltro circostanze complesse e spesso controverse. In Italia si parla di espatriati sin dagli anni '60, quando ENI e Alitalia prima e Fiat poi, hanno cominciato ad inviare all'estero propri managers e tecnici.
Eppure il tema delle politiche di gestione degli expats è rimasto ancora oggi di piena e corrente attualità. È la ragione Che ha permesso la nascita nel nostro Paese di una società come ECA Italia: nel 2015 sono ventuno anni che forniamo servizi alle aziende internazionali su practice e modelli di gestione degli espatriati. Solo quest'anno abbiamo edito per la prima volta un nuovo prodotto informativo, una survey ad hoc che miri a focalizzare l'attenzione su come vengono gestiti gli espatriati italiani, e tengo a sottolineare italiani, nel senso che può essere rilevante porre a confronto i benchmark di profilo transnazionale "contro" il benchmark anch'esso internazionale, ma riferito alle modalità di gestione tipicamente adottate dalla multinazionale italiana.
Nel corso dell'autunno 2014 ci siamo misurati con 26 Direzioni Risorse Umane di primarie multinazionali italiane, ne è uscito un quadro descrittivo di primario interesse, realisticamente inedito nella corrente letteratura aziendale.
Anzitutto è emerso che il 62% delle aziende italiane tende ad individuare nel distacco il modello organizzativo prevalentemente scelto, differenziandosi al più per i periodi di media caratterizzanti tale soluzione (12-18 mesi, 24-36 mesi, > 36 mesi).
% media dei lavoratori in mobilità internazionale nelle varie tipologie

Questo significa impostare una policy, e il 79% delle aziende intervistate ha confermato che ha implementato un processo di policy a supporto dei suoi processi di assegnazione internazionale. Ma quali sono le ragioni per le quali le aziende spingono nell'attivazione dei processi di espatrio?
Principali motivazioni per l'eventuale incremento delle assegnazioni internazionali

L'espansione delle operazioni internazionali prevale (36%) seppure molto interessante è quel dato (29%) che vede nell'espatrio una leva strategica per sviluppare personale di livello manageriale. L'assegnazione all'estero quindi come fattore di sviluppo. Si diceva "quanto pagare l'espatriato", anche questo è tema molto critico. Avere una policy per gestire i distacchi significa anche capire che tipo di trattamento economico praticare e quindi che profilo di indennità attribuire, anche e soprattutto in funzione del paese di assegnazione. Sotto troviamo un grafico che ci illustra quali sono le indennità prevalentemente riconosciute, con costo della vita e disagio che "lottano" per il primato in termini di "cash allowance" corrisposta, in coordinamento con i principali benefits in natura che devono necessariamente trovare allocazione integrata nel pacchetto retributivo proposto al candidato.
Principali indennità riconosciute

Richiamiamo in tal senso l'attenzione su due importanti benefits quali quello di "rimborso scuola per i figli" e quello di "assistenza sanitaria". Sono due aspetti che toccano da vicino il tema "famiglia dell'espatriato", sempre più all'attenzione delle Direzioni Risorse Umane.
% di aziende che si fanno carico dell'istruzione scolastica per i figli dell'espatriato

Una delle principali ragioni che genera l'eventuale fallimento dell'espatrio è quella legata al non adattamento della famiglia o dei figli: rileva da parte degli addetti ai lavori segnalare in tal senso un elevato grado di attenzione nei confronti del nucleo familiare dell'espatriato, avendo riguardo del fatto che la presenza o meno della famiglia dell'espatriato ha come noto importanti riverberi sul piano della pianificazione fiscale transnazionale che andrà, a prescindere, impostata.
% di aziende che offrono visite mediche agli espatriati

% di aziende che offrono visite mediche anche ai familiari degli espatriati

Spiegare chi è un espatriato non è oggettivamente semplice, farlo in poco meno di 800 parole è stato il compito che abbiamo voluto eseguire, soprattutto per aprire un dibattito che sarà senza dubbio piacevole e stimolante.