Pensioni ed expats, le virtù italiane di P. Iacci - Presidente ECA Italia

Dal 23 aprile scorso Paolo Iacci è il nuovo Presidente di ECA Italia, società leader nel settore della consulenza per la gestione dei processi di mobilità internazionale del personale. Nato a Milano cinquantanove anni fa, dopo la laurea in Filosofia Iacci ha conseguito il Master in giornalismo e in Psicosociologia dell'organizzazione.
È professore all'Università LIUC di Castellanza, dove ricopre la cattedra di "Sistemi operativi di gestione del personale" e presiede AIDP Promotion (Associazione Italiana per la Direzione del Personale). Il "debutto" alla presidenza di ECA Italia è un'occasione per affrontare con Paolo Iacci una tematica calda come quella previdenziale, con la possibilità di una nuova revisione in sede di Legge di Stabilità.
 
Iacci, quale rilevanza ha il tema "pensione" per le nostre aziende internazionali?
Il tema è certamente "centrale". L'errore in cui spesso il nostro HR Management cade è quello che lo porta a dire o pensare: "Devo mettere insieme un pacchetto retributivo che soddisfi il mio candidato all'espatrio, qui e ora, devo coordinare il suo progetto con la serenità della linea", linea che spesso ha bisogno proprio di quell'espatriato, e allo stesso tempo con "il portafoglio del dipendente". Se è vero che il tema prettamente retributivo è una criticità chiave dell'incontro tra HR Manager ed espatriato, è altrettanto certo che la logica del farlo contento "qui e ora" in modo da imbarcarlo velocemente, in prima battuta  contento, su un volo intercontinentale, beh, può rivelarsi un errore.
 
Per quale ragione?
Perché la pianificazione del trattamento economico e la relativa policy che a monte ne detta le regole è un'attività strategica che non deve e non può contemplare il solo "Total Net Cash Pay". È nel quadro della pianificazione della strategia retributiva che il tema del cosiddetto Planning Previdenziale prende corpo, e una volta tanto la normativa italiana in materia è estremamente interessante. In alcuni casi, anzi, addirittura virtuosa.
 
Dove stanno l'interesse e soprattutto la virtù?
In primo luogo è importante considerare "dove" stiamo inviando il nostro espatriato. In area UE o extra UE? Non solo: se il Paese di assegnazione fosse extra UE, si tratterà di un Paese extra UE legato all'Italia da una convenzione di sicurezza sociale? Sono temi che un HR deve avere chiari in testa o, almeno, averne consapevolezza. In ballo ci sono infatti svariate cifre a quattro zeri che possono spostare l'assetto del centro di costo legato a quell'espatriato. Ed il tema del centro di costo dell'espatriato è sicuramente nei "piani alti" dell'agenda dell'HR Manager. È noto che i paesi UE ed in generale i paesi extra UE convenzionati (ex USA, Brasile, Israele) permettono in caso di assegnazione tramite un contratto di distacco la possibilità di continuare a contribuire nel proprio "home country", nel nostro caso l'Italia. Di norma, fino ad un massimo di 4-5 anni, dipende dalla singola convenzione. E se per caso l'azienda ha intenzione di localizzare, ad esempio in UK, il proprio CFO, la medesima convenzione che permette in caso di distacco di mantenere la contribuzione italiana consente di totalizzare, a fine carriera, i periodi assicurativi maturati ad esempio nel Regno Unito, in modo tale da poter conseguire il diritto a pensione in entrambe i Paesi di lavoro, funzionalmente alle reciproche regole domestiche.
 
Ma in quale direzione muove il mercato degli expats?
Il vero mercato internazionale sta sviluppando domanda di espatrio verso Paesi extra UE, molto spesso Paesi extra UE non legati all'Italia da una convenzione di sicurezza sociale. Mi riferisco a Cina, India, Russia, Thailandia, Messico, Vietnam, Indonesia.
 
Cosa succede in questi casi?
In questi casi il lavoratore italiano è protetto da una legge del 1987, la n. 398/87, che permette all'azienda italiana distaccante di poter continuare a pagare contributi in Italia per il proprio dipendente distaccato, ad esempio, in Cina, pagando su un imponibile forfetario riconducibile alle Retribuzioni Convenzionali che ogni anno il Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell'Economia provvede ad aggiornare. Con un ulteriore vantaggio: quello di poter godere della fiscalizzazione di 10 punti percentuali sui contributi carico azienda. Sottolineo fiscalizzati, quindi non minori versamenti all'ente previdenziale italiano: il delta non versato dall'azienda distaccante lo copre lo Stato. Non credo esista un prodotto finanziario che possa garantire un risultato migliore di quello prospettato da questo scenario gestionale: versi e paghi 66, ma i risultati di rendita pensionistica verranno computati su 100. Il costo azienda si abbassa, e il risultato previdenziale a fine carriera per il dipendente migliora esponenzialmente.
 
E se l'azienda proponesse al dipendente italiano un contratto di lavoro locale in Cina? Anche in questo caso opera la totalizza zione, come nel caso di assunzione in un paese tipo UK, Germania, Olanda, USA?
La risposta è "no". Ma il vero valore aggiunto della L.398/87 lo si scopre proprio a questo livello gestionale. Il tema della gestione degli organici è sempre più critico, le Direzioni HR di aziende multinazionali sono sempre più chiamate dalla propria linea a trovare talenti, interni o esterni al sistema di rapporti dell'azienda, disposti ad andare all'estero presso sedi strategiche del gruppo. È in crescendo, inoltre, la richiesta di declinare verso quella che viene definita in gergo "localizzazione", ossia assunzione del Manager direttamente in Cina, Russia e India senza passare dall'Italia. O, in alternativa, cessare in Italia per raccogliere un "nuovo challenge" in Cina, Russia, India. Inevitabilmente il problema previdenziale diventa, tra gli altri, strategico. È qui che la L. 398/87 può rivelarsi "fattore critico di successo" del progetto di espatrio. Quando l'HR propone al proprio candidato all'espatrio la localizzazione in uno dei Paesi citati o in generale in un paese extra UE non convenzionato con l'Italia, una delle "ribattute" classiche del Manager è: "Ok, il progetto è interessante, il pacchetto retributivo pure, ma con i miei contributi come la mettiamo?"
 
Come la mettiamo?
L'articolo 1 commi 1 e 2 della L.398/87 ci dà la risposta. In sintesi, i lavoratori italiani occupati in paesi non convenzionati con l'Italia in materia di sicurezza sociale devono essere in ogni caso iscritti alle assicurazioni sociali italiane, non solo in ipotesi di distacco dall'Italia, ma anche nel caso di assunzione operata direttamente dalla società straniera. La Legge 398/87 stabilisce infatti che i datori di lavoro stranieri che hanno la sede in Paesi extra UE non convenzionati, siano obbligati al versamento delle contribuzioni obbligatorie italiane (INPS e INAIL) per quei dipendenti italiani assunti per operare nel
Paese o in altri Paesi extra UE non convenzionati.
 
Ci resta un ultimo passo da compiere: quello di capire come una società cinese, russa, indiana, non presente nel nostro Paese, ma con un dipendente italiano in organico, possa garantire continuità contributiva, in Italia, a questo suo dipendente italiano.
Molte volte critichiamo il nostro Paese per leggi contorte, molti dicono "anti-aziendali". Credo che la L.398/87 vada letta come una delle norme più mirate e attente, sia agli interessi del datore di lavoro sia a quelli del dipendente italiano eventualmente assunto con contratto di diritto estero in un Paese come quelli più volte richiamati. In una delle circolari applicative successive all'emanazione della legge viene infatti conclamato il ruolo di un soggetto terzo, tecnicamente un agente previdenziale, che in nome e per conto della società cinese, russa, messicana e via dicendo paga i contributi all'INPS riconducibili a quel dato dipendente italiano assunto con contratto di lavoro di diritto cinese, messicano, russo e così via. Oggi in Italia ci sono molteplici esperienze aziendali di successo che hanno coordinato brillanti progetti di carriera per propri espatriati italiani facendo leva su questo modello di business. La società cinese di turno nomina in Italia un agente previdenziale il quale mensilmente raccoglie la quota di provviste finanziarie utili al pagamento dei contributi all'Inps. Tecnicamente, l'agente previdenziale fornisce un servizio in nome e per conto della società cinese, ed è questo il vero valore aggiunto. È interessante vedere quanto questo tema sia oggi in crescita nel mondo professionale e aziendale, un vero supporto per l'HR Management che deve affrontare sfide sempre più complesse. Con un modello di business quale quello dell'Agenzia Previdenziale si coniugano svariate esigenze: l'azienda ha coperto la posizione vacante con la risorsa che aveva correttamente individuato, la risorsa è soddisfatta in quanto il package retributivo propostogli è certamente incentivante, ancora la risorsa è due volte soddisfatta in quanto a fronte di un rapporto di lavoro di diritto estero è garantita la propria continuità contributiva in Italia. E il datore di lavoro estero ha un rilevante beneficio: i contributi carico azienda sono fiscalizzati di 10 punti percentuali, tradotto significa ridurre di 1/3 il costo azienda, una circostanza quest'ultima che opera, come si diceva prima, anche in caso di distacco. Allo stesso tempo il beneficio pensionistico per il
dipendente non si riduce, il delta costo (minori versamenti contributivi) di cui beneficia l'azienda è compensato dall'intervento dello Stato.