Celli: "Ecco la funzione risorse umane che serve davvero alle aziende" - di S. Rausa Responsabile Comunicazione AIDP
La figura dell'uomo e della donna del personale risente oggigiorno di una serie di contraddizioni che si trascinano da molto tempo. Il ruolo è talmente ambiguo, all'interno delle aziende, che la difficoltà di giocarlo in una direzione o in un'altra è piuttosto rilevante. E impatta inevitabilmente sui risultati che se ne possono dare.
È una funzione di cerniera, quella HR, che sta in mezzo e che, a seconda di come si propone, prende i colpi da sopra o da sotto e deve essere in grado di poterli assorbire, quando non ancora di ridarli. Anche per questo, sopravvivono nello zoo aziendale delle grandi volpi, tra i capi del personale, che non finiscono mai in pellicceria. Vecchie volpi che hanno giocato un po' in tutti i ruoli e che hanno imparato a essere un po' furbe, servendo gli interessi del padrone di turno, e che, quando non si riesce ad arrivare, è perché l'uva è sempre acerba e la colpa di qualcun altro.
Come ci racconta la ricerca Cranet, anche nei momenti di crisi, tutto sommato, più che innovare si è tornati indietro: abbiamo razionalizzato, ridotto sofisticando la strumentazione ma, in fondo, abbiamo pensato di poter gestire con un eccesso di taylorismo. Abbiamo raggiunto una grande competenza e sofisticazione nell'uso degli strumenti e nella misurazione, pensando che la gestione, come filosofia, sia quello che ci possa salvare. Ebbene, quei ruoli e quelle modalità, oggi, in contesti e business cambiati, non sono più attuali. Le aziende che innovano, che funzionano nei nuovi mercati, hanno poche devozioni e tributi, hanno messo in discussione sia la strumentazione di gestione che connotava il nostro modo di stare nelle aziende, sia l'organizzazione stessa. E non si torna indietro.
Il modo di stare sul mercato delle imprese, anche a livello internazionale, prevede meno rispetti: le gerarchie valgono molto meno di un tempo, anche perché le aziende sono talmente dislocate e distribuite lungo le reti che il concetto di centralità e gerarchia risulta compromesso. Non cogliere questa trasformazione significa non capire che tipo di persone servono oggi.
Quando i confini delle aziende sono sempre più mobili, le persone che mandi sui confini devono avere caratteristiche particolari, devono essere autonome e sapere tutto ciò che occorre, per essere abili coi clienti, coi competitor e via dicendo. Un uomo del personale ha ormai un eccesso di responsabilità che forse non pensa di avere, essendo abituato a usare gli strumenti più che a condividere le finalità e decidere nella cabina di regia.
Occorre far capire il senso e il perché dell'utilizzo degli strumenti, formare la gente per i nuovi sistemi. I dipendenti non possono essere trattati semplicemente per via gerarchica. Devono capire perché si deve operare in un certo modo. Il senso è importante quanto gli obiettivi e i risultati. Senza il senso si lavora e si rende meno.
Non è la gestione che salva, ma il fatto che la gente abbia coscienza di quello che deve fare, lo voglia fare e si senta ingaggiata per farlo. E non semplicemente comandata. Da questo punto di vista la funzione del personale cambia moltissimo: il suo obiettivo è far capire che l'azienda - tutta - è formativa. È l'azienda, nel suo complesso, che forma. E forma non con l'aula, o con i singoli corsi, ma coi sistemi che mette a disposizione, col tipo di organizzazione. Diversamente e, molto spesso in verità, l'azienda deforma. Pensiamo a certi ordini di servizio, a come sono scritti, impostati, gestiti, trasmessi, o a certa comunicazione interna, ai sistemi di rewarding. Il capo del personale è deputato a far capire che queste sono le cose importanti, che non basta mettere insieme procedure e processi, ma tutti i sistemi. E si accredita con una funzione diversa, che è eminentemente culturale e valoriale, atta a governare un sistema sociale in cui va alimentata l'intelligenza collettiva. Se lo sa fare, siede al tavolo delle decisioni e delle strategie, altrimenti può far danni e tanto vale che faccia il portatore di ordini e l'esecutore.
I sistemi sociali non si possono governare soltanto con ordini di servizio, regole e procedure. I sistemi sociali sono dinamici, flessibili, plastici, possono crescere o diminuire, vanno alimentati tanto più perché l'imprevisto e l'innovazione continua riducono la possibilità di prevedere dove e come le cose capitano. Le persone devono essere formate per rispondere alle tensioni, dovunque esse si scarichino. A salvare quindi le organizzazioni non sono le regole, pur importanti, ma la disponibilità e la capacità di costruire risorse interne all'azienda che sappiano fronteggiare l'inevitabilità dei cambiamenti e dei rischi permanenti. Senza che le persone debbano dover chiedere a ogni passo permesso, perdono o illuminazione.
PIER LUIGI CELLI