Il regime speciale per lavoratori impatriati - di F. R. Rubino - Senior Tax Consultant Eca Italia

Nell'ambito di una serie di norme volte a realizzare un sistema fiscale orientato alla crescita e all'internazionalizzazione
delle imprese, il nostro legislatore ha introdotto un'interessante agevolazione fiscale per i lavoratori qualificati che trasferiscono la residenza in Italia, volta a favorirne l'arrivo ed una permanenza minima.
Si tratta del "regime speciale per lavoratori impatriati" di cui all'art. 16 del D. Lgs. n. 147/2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 settembre 2015 (noto come "decreto internazionalizzazione"), che, al comma 1, prevede la riduzione del reddito di lavoro dipendente imponibile del 30%. Più precisamente, il comma 1 così recita: "Il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 2 del TUIR (...) concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70% del suo ammontare".
 
La norma in commento subordina l'applicazione di tale regime di favore alle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento;
b) i lavoratori si impegnano a permanere in Italia per almeno due anni;
c) l'attività lavorativa viene svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato;
d) l'attività lavorativa viene svolta in forza di un rapporto di lavoro instaurato con l'impresa residente presso cui si svolge l'attività o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;
e) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano;
f) i lavoratori rivestono ruoli direttivi ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 5 gennaio 2016.
 
Vale la pena rilevare che la norma, così come si presenta oggi, 
  • si rivolge a "lavoratori" con ruoli direttivi o in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, non ponendo alcuna rilevanza né alla provenienza, né alla nazionalità degli stessi (e tale aspetto è coerente con l'obiettivo della internazionalizzazione delle imprese);
  • è applicabile non solo ai lavoratori che vengono assunti in Italia al momento del loro trasferimento, ma anche ai lavoratori dipendenti da un'impresa del gruppo;
  • non dà indicazione circa la residenza dell'impresa datrice di lavoro (ovvero se la stessa possa anche essere estera), con la conseguenza che la nuova norma agevolativa sembra essere applicabile anche ai dipendenti distaccati di una società estera distaccante facente parte del gruppo cui appartiene la società italiana distaccataria (in linea con l'obiettivo della internazionalizzazione delle imprese);
  • non prevede limiti reddituali;
  • non chiarisce se la contribuzione previdenziale debba essere assolta sulla stessa base imponibile fiscale ridotta.
Come anticipato, il trattamento di favore prevede una riduzione del reddito di lavoro imponibile del 30%. Volendo quantificare il beneficio corrispondente, su un reddito di €100.000, l'impatto fiscale scenderebbe da circa €38.600 a circa €25.000, ovvero determinerebbe una riduzione del 35% delle imposte dovute.
Ai sensi del comma 3, si applica a decorrere comma 3 dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 2 del DPR 917/1986 (TUIR), e per i quattro periodi successivi.
Il riferimento all'art. 2 del TUIR fa intendere che l'agevolazione sia subordinata all'acquisizione della residenza fiscale, diversamente da quanto era stato disposto nella norma relativa al rientro dei cervelli, dove si faceva riferimento semplicemente al trasferimento del domicilio, nonché della residenza.
Ciò comporta qualche difficoltà interpretativa. Infatti, posto che la norma fiscale italiana non prevede per chi arriva o chi lascia definitivamente il nostro paese la possibilità di "spaccare" l'anno fiscale in due periodi, di non residenza e di residenza, dalla lettera della norma sembrerebbe che il lavoratore - avente tutti i requisiti previsti dalla nuova norma - che arrivi in Italia nella seconda metà dell'anno (che quindi potrebbe qualificarsi come non residente fiscale ai sensi dell'art. 2 del TUIR) non possa beneficiare del regime di favore per l'anno di arrivo.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (novanta giorni dal 7 ottobre 2015, ossia entro il 5 gennaio 2016), sono adottate le disposizioni volte ad attuare, coordinare le disposizioni di questo articolo con le altre norme agevolative vigenti e adottare le norme volte a disciplinare la decadenza dal beneficio (comma 3, secondo periodo). Allo scopo di uniformare la disciplina vigente in materia di rientro di lavoratori dall'estero, il comma 2 dell'art. 16 in commento estende le suddette condizioni anche ai lavoratori indicati nell'art. 2, comma 1 della L 238/2010, nota come "norma per l'inventivo al controesodo":
 
a) cittadini dell'Unione europea, in possesso di un titolo di laurea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d'origine, hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori di tale Paese e dell'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, i quali vengono assunti o avviano un'attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, nonché la propria residenza, in Italia entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività;
b) cittadini dell'Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d'origine, hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori di tale Paese e dell'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream, i quali vengono assunti o avviano un'attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, nonché la propria residenza, in Italia entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività.
 
Con riferimento ai lavoratori appena richiamati, la norma in commento ha abrogato:
  • la proroga di ulteriori due anni che era stata prevista per l'applicazione del trattamento di favore di cui alla citata L. 238/2010 per i suddetti lavoratori di cui al comma 2 (comma 4). In altre parole, il beneficio fiscale della tassazione del reddito di lavoro dipendente nella misura del 20% o 30% del suo ammontare (a seconda che si trattasse rispettivamente di donna o di uomo) spetta fino al periodo di imposta in corso al 31.12.2015;
  • la condizione secondo la quale i suddetti lavoratori debbano essere nati dopo il 1° gennaio 1969 (comma 5).
Per dirimere le questioni interpretative è auspicabile una circolare dell'Agenzia che fornisca - fra gli altri - chiarimenti utili per la applicazione del nuovo regime di favore, soprattutto con riferimento alla possibilità di applicazione del trattamento di favore anche ai distaccati in Italia di dipendenti dall'estero e già dal primo anno di arrivo per coloro che non possono qualificarsi come residenti fiscali.
Se la norma agevolativa fosse considerata chiaramente applicabile agli espatriati di un certo livello (direttivo o particolarmente competenti o specializzati) distaccati in Italia, ci allineeremmo a quanto fanno già da anni altri paesi europei.
Infatti, quando si parla di personale dipendente espatriato in Italia, ad oggi - salvo l'effettiva applicabilità della nuova norma in commento - non esiste una normativa ad hoc che ne regoli la tassazione in Italia: come è noto, in tema di definizione del reddito di lavoro dipendente del personale distaccato dall'estero, va fatto riferimento alle disposizioni previste, per la generalità dei dipendenti, dall'art. 51 del TUIR, che prevedono la determinazione analitica sulla base delle retribuzioni effettivamente percepite (si ricorda che la tassazione agevolata su base convenzionale è prevista solo per le ipotesi in cui l'attività lavorativa sia prestata all'estero).
In molti paesi europei, invece, sono previste norme di favore. Ad esempio: la Spagna tassa per cinque anni il lavoratore espatriato ad un'aliquota fissa del 24% o del 19% a seconda del paese di residenza dell'espatriato; il Regno Unito nei primi due anni esenta le cosiddette subsistance allowances; la Francia esenta dall'imposta sul reddito, per i primi cinque anni, una serie di elementi collegati all'assegnazione; i Paesi Bassi applicano il cosiddetto tax ruling, esentando, a determinate condizioni, dall'imposta il 30% del trattamento economico complessivo.
E l'Italia, se verrà confermata la possibilità di applicare ai distaccati di un certo livello il nuovo regime per gli impatriati, sembra proprio voler introdurre nel sistema fiscale un tax ruling analogo a quello previsto nei Paesi Bassi.