Tassazione dei frontalieri: l'esenzione IRPEF aumenta a 7.500 euro. Ma a quali contribuenti si apllica? - di F.R.Rubino - Senior Tax Consultant ECA Italia
A partire dal 2015 i redditi in parola percepiti dai frontalieri concorrono a formare il reddito complessivo – imponibile in
Italia – per l'importo eccedente €7.500. Guardiamo infatti a quanto dice la normativa: "Ai sensi dell'art. 1, comma 690, della Legge 23.12.2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015): a decorrere dal 1º gennaio 2015 il limite di reddito di cui all'articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è fissato in €7.500." Il riferimento della norma è alla soglia di esenzione IRPEF riservata ai redditi derivanti da lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all'estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi al territorio nazionale, da soggetti residenti nel territorio dello Stato.
La norma sembra chiara. In effetti, ad un'analisi più approfondita, emerge che non è sempre evidente la platea di contribuenti alla quale essa si rivolge. Nei diversi interventi normativi che nel corso del tempo hanno modificato e prorogato la franchigia di esenzione, infatti, non è mai presente una definizione precisa di lavoratore frontaliero. Vediamo, allora, come si è evoluta nel tempo la norma in tema di tassazione dei redditi di lavoro dipendente prestato dai frontalieri.
Fino al 31.12.2000, ai sensi dell'art. 3, comma 3, lett. c), del D.P.R. 917/1986 valeva la totale esclusione dalla base imponibile dei redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, e tale era il reddito derivante da lavoro dipendente prestato dai frontalieri, in quanto prestato all'estero. Dopo l'abrogazione della citata lett. c), il legislatore ha introdotto un'esclusione specifica dalla base imponibile dei redditi percepiti dai lavoratori frontalieri per il periodo di imposta 2001 con l'art. 3, co. 2, della L. 23.12.2000, n. 388, poi estesa al periodo di imposta 2002 dall'art. 9, co. 23, L. 28.12.2001, n. 448. Successivamente, per gli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007 è stata introdotta una soglia di esenzione sui primi €8.000 dall'art. 2, co. 11, Legge del 27.12.2002, n. 289, poi prorogata per gli anni 2008, 2009 e 2010 dall'art. 1, comma 204, della Legge del 24.12.2007 n. 244. Ancora, l'articolo 29, comma 16-sexies, del D.L. 216/2011 ha prorogato la soglia di esclusione per il 2011 e 2012 e ne ha previsto anche la riduzione portandola da €8.000 a €6.700 per il 2012; il comma 549, dell'art. 1, della Legge del 24.12.2012, n. 228 (Legge di Stabilità 2013) ha prorogato per il 2013 l'applicazione del limite di €6.700. Successivamente, con l'articolo 1, comma 175, della Legge del 27.12.2013 n. 147 (Legge di Stabilità 2014), dal 2014 la norma di favore per i frontalieri è diventata norma a regime (non più norma "a tempo"). Infine, ai sensi del citato art. 1, comma 690, della Legge di Stabilità per il 2015, come indicato all'inizio del presente articolo, la soglia di esenzione è stata aumentata a €7.500.
Ebbene, in nessuna delle norme citate in questo excursus normativo, come accennato sopra, è presente una definizione di lavoratore frontaliero. In via interpretativa soccorrono le circolari n. 1/E del 2001, par. 1.2.2 e n. 2/E del 2003.
par. 9, nelle quali l'amministrazione finanziaria considera frontalieri "i lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e che quotidianamente si recano all'estero (zone di frontiera o paesi limitrofi) per svolgere le prestazioni di lavoro".
Secondo tale interpretazione, quindi, è frontaliero il soggetto residente in Italia che ogni giorno oltrepassa la frontiera per recarsi al lavoro in uno Stato estero confinante con l'Italia o in paesi limitrofi e che la sera rientra presso la propria residenza in Italia. La dottrina prevalente ritiene tale interpretazione ministeriale eccessivamente restrittiva, poiché il requisito della quotidianità dello spostamento non è previsto dalla lettera della legge, e sostiene sufficiente un rientro settimanale nel domicilio italiano. L'interpretazione ministeriale va, comunque, coordinata con le disposizioni delle Convenzioni contro le doppie imposizioni fra l'Italia e i paesi confinanti o limitrofi, ove previste. Vediamole nel dettaglio.
Il caso Austria
La Convenzione con l'Austria, all'art. 15, par. 4, prevede che "allorché una persona fisica residente di uno Stato contraente nei pressi della frontiera svolge un'attività dipendente nell'altro Stato contraente, sempre nei pressi della frontiera, ed attraversa abitualmente la frontiera stessa per recarsi al lavoro, essa è imponibile per il reddito che ritrae da tale attività soltanto nello Stato di cui è residente."
Se ne deduce che ai fini fiscali, beneficia della tassazione solo nel paese di residenza il lavoratore dipendente residente nei pressi della frontiera che "abitualmente" (e non ogni giorno) si reca a lavorare oltrefrontiera (sempre nei pressi della frontiera). Secondo la Convenzione contro le doppie imposizioni con l'Austria, dunque, si definisce lavoratore frontaliero, chi attraversa abitualmente la frontiera per recarsi a lavoro. Tale definizione sembrerebbe operare una deroga al principio secondo cui il frontaliero deve far ritornocquotidianamente in Italia. Pertanto, nei rapporti con l'Austria la soglia di esenzione in commento dovrebbe applicarsi non solo al frontaliero residente in Italia che quotidianamente si reca per lavoro in Austria, ma anche al frontaliero che vi si reca abitualmente. Si rileva che ai fini della tassazione nel solo paese di residenza ai sensi della convenzione, il frontaliero deve essere residente nei pressi della frontiera e lavorare nell'altro paese sempre nei pressi della frontiera. Ove tali requisiti relativi al luogo di residenza e di lavoro (nei pressi della frontiera) non fossero soddisfatti, il frontaliero, lavoratore dipendente, sarebbe tassato anche in Austria in base al principio di territorialità, con diritto al credito di imposta.
Il caso Francia
Nella Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia non è previsto alcun requisito circa la "frequenza temporale" degli spostamenti. Infatti, l'art. 15 par. 4 della stessa recita: "Nonostante le disposizioni precedenti del presente articolo, i redditi derivanti dal lavoro dipendente di persone abitanti nella zona di frontiera di uno degli Stati, e che lavorano nella zona di frontiera dell'altro Stato, sono imponibili soltanto nello Stato del quale dette persone sono residenti". Per definire la figura del frontaliero è di aiuto l'individuazione delle zone di frontiera (sia per quello che riguarda il luogo di abitazione del lavoratore che per quanto concerne il posto di lavoro oltreconfine), riportata al punto 9 del Protocollo, ove si legge che "Per quanto concerne il paragrafo 4 dell'articolo 15, per zone frontaliere si intendono, per l'Italia, le Regioni (Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria, ndr), e per la Francia, i Dipartimenti (Alta Savoia, Savoia, Alte Alpi, Alpi dell'Alta Provenza, Alpi Marittime, ndr), confinanti con la frontiera". Alla luce di quanto sopra, la soglia di esenzione in commento si applica – come chiarito nelle circolari ministeriale citate – al frontaliero residente in Italia che quotidianamente si reca per lavoro in Francia, mentre ai fini della tassazione nel solo paese di residenza ai sensi della convenzione, devono valere le due condizioni relative alla residenza e al luogo di lavoro, ossia il frontaliero deve essere residente in Valle d'Aosta, Piemonte o Liguria e deve recarsi per lavoro in Alta Savoia, Savoia, Alte Alpi, Alpi dell'Alta Provenza, Alpi Marittime, o viceversa.
Il caso Svizzera
La prevede all'art. Convenzione con la Svizzera 15, par. 4, che "Il regime fiscale applicabile ai redditi ricevuti in corrispettivo di un'attività dipendente dei lavoratori frontalieri è regolato dall'Accordo tra l'Italia e la Svizzera relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine del 3 ottobre 1974, i cui articoli da 1 a 5 costituiscono parte integrante della presente Convenzione". L'art. 1 dell'accordo Italia – Svizzera del 3 ottobre 1974 prevede che "I salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della remunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta". Anche in questo caso, la normativa convenzionale non detta una definizione precisa di "frontaliero". Tuttavia, la stessa può essere ricavata dalle norme dell'accordo predetto, secondo cui i Cantoni svizzeri confinanti con l'Italia (dei Grigioni, del Ticino e del Vallese) debbano versare ogni anno a beneficio dei comuni italiani di confine una parte del gettito fiscale proveniente dalla imposizione delle remunerazioni dei frontalieri italiani, come compensazione finanziaria delle spese sostenute dai comuni italiani a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio ed esercitano un'attività dipendente sul territorio di uno dei detti cantoni. In attuazione di tale accordo, il Ministero dell'Economia e delle Finanze determina, con apposito decreto emanato con cadenza biennale, i criteri di ripartizione delle compensazioni finanziarie a favore dei comuni italiani di confine, formalmente individuati come quelli il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 Km dalla linea di confine con l'Italia dei tre Cantoni svizzeri citati.
Pertanto, come chiarito dalla Direzione Regionale della Lombardia, Ufficio Fiscalità generale, nella risposta ad un interpello, protocollata al n. 904-45720/2008, relativamente ai rapporti con la Svizzera, sono considerati frontalieri "solo i lavoratori che quotidianamente si recano dalla propria residenza, sita in un Comune prossimo al confine, nell'ambito della fascia di 20 Km dallo stesso, in uno dei suddetti Cantoni confinanti con l'Italia (ndr. del Ticino, dei Grigioni e del Vallese)". Ne segue che ai fini della tassazione nel solo paese di lavoro ai sensi della convenzione, il frontaliero deve essere residente in uno dei comuni che si trova nella fascia di 20 Km dalla linea di confine con i tre Cantoni svizzeri citati (che comprende i comuni situati nelle province di Como, Varese, Lecco e del Verbano Cusio Ossola) e quotidianamente recarsi a lavorare in Svizzera all'interno del territorio di uno dei tre Cantoni confinanti, ossia del Cantone Ticino, o dei Grigioni e del Vallese, o viceversa (tali sono i cosiddetti "frontalieri in senso stretto"). Ove il lavoratore abiti o risieda al di fuori della fascia di confine oppure non rispetti il requisito dello spostamento quotidiano per recarsi al posto di lavoro, sarà soggetto a tassazione concorrente in entrambi gli stati, fatto salvo il credito di imposta. Relativamente alla base imponibile, si fa presente che nel caso di spostamenti quotidiani, il reddito imponibile in Italia sarà il reddito effettivo al netto della soglia di esenzione in commento, mentre nel caso di rientri in Italia non quotidiani, la base imponibile sarà quella convenzionale, senza applicazione della soglia di esenzione.
Il caso Slovenia
Relativamente alla Slovenia – la cui Convenzione non prevede alcuna norma ad hoc per i frontaliero – al Principato di Monaco e alla Città del Vaticano, con i quali non vi è alcuna Convenzione contro le doppie imposizioni, e a San Marino – nel cui Protocollo alla Convenzione è prevista espressamente la tassazione concorrente dei due Stati per i frontalieri, ma non è presente la definizione di frontaliero – la soglia di esenzione in commento si applica al frontaliero residente in Italia che si reca quotidianamente (secondo l'interpretazione dell'amministrazione finanziaria citata) a lavorare in Slovenia, San Marino, Principato di Monaco o Città del Vaticano.